CENNI STORICI SULLA STORIA E LA PRODUZIONE DEL MALVASIA

• COSTITUZIONE DELL’800
• RELAZIONE ILLUSTRATIVA
• DECRETO PRESIDENTE
• CONSORZIO DI TUTELA
• BOZZA DISCIPLINARE DI PRODUZIONE

Relazione illustrativa per la tutela della Denominazione di origine del vino “Malvasia delle Lipari”


PARTE PRIMA

CENNI STORICI

In alcune delle isole Eolie, e soprattutto in quella di Salina, viene prodotto da tempi remotissimi il vino di pregio che ha preso la denominazione “Malvasia di Lipari” (e non Malvasia delle Lipari), per il fatto che in passato tutto l’arcipelago prendeva il nome dall’isola di Lipari.
La denominazione “Malvasia di Lipari” trova inoltre il suo fondamento nelle antiche origini della cultura della vite, testimoniata da scritti e soprattutto da simboli impressi nelle antiche monete di Lipari risalenti al IV secolo a.C.

Si attribuisce l’importazione del vitigno “Malvasia” nelle isole Eolie ai greci di Cnido e di Rodi che nel IV secolo a. C. vi fondarono una colonia, secondo quanto ci tramanda Diodoro.
In ogni caso la coltivazione della vite economica delle isole Eolie il cui benessere in buona parte è stato collegato alla fama ed alla qualità del pregiato vino “Malvasia di Lipari”. Il Dacci, dotto naturalista, vissuto fra il 1567 ed il 1600 ci dà conferma, nel suo pregiatissimo trattato, di quanto famoso fosse tale vino in quel periodo. E a buona ragione, nella seconda metà del secolo XVIII l’abate Meli così canta il suo ditirambo:

“l’ ambrosia di lì Dei chi si dicanta
non è chi Malvasia chi si produci
da na viti ca Lipari si chianta”

Marescalchi nel suo volume “Vini tipici d’Italia”, edizione 1924, definisce questo “Malvasia” uno dei magnifici prodotti delle isole Eolie ed afferma che il suo nome non è del tutto proprio, perché viene prodotto non a Lipari ma, ottimo e liquoroso, nelle isole Eolie di Salina e Stromboli. E aggiunge che il Redi così lo avrebbe potuto qualificare:

“il vero oro potabile
che mandar suole in esilio
ogni male irrimediabile”

Anche Ottaviano Ottavi e Garino Canina nel volume “Vini di lusso”, edizione Ottavi 1899 e 1930, lo elogiano come uno dei vini “oggi di più che mai cercati e stimati in commercio” prodotto da “una Malvasia che deve ritenersi una varietà a sé avente caratteristiche proprie che la rendono dissimile ad altre moltissime Malvasie conosciute”.

Inoltre Castaldi e Marescalchi, nel testo “I vini medicinali” – edizione 1926, affermano che “in provincia di Messina si ha la famosa Malvasia di Lipari” che si produce però non tanto a Lipari quanto nell’isola di Salina e Stromboli del gruppo eolico.
Il “Malvasia di Lipari” fu molto apprezzato anche dai francesi e di esso si parla nel volume “Les vins de luxe” delle biblioteche de “Le Progrès agricole et viticole” – edito a Parigi nel 1897 – nel quale sono riportate le principali caratteristiche.

S. Mondini nel manuale “Produzione e commercio del vino in Italia”, edizione Hoepli, così si esprime: “Assai rinomata è la Malvasia di Lipari che si distingue per la bellezza del colore e la caratteristica squisitezza del profumo”.
Infine, D’Urso Ponnisi nel volume “Vini speciali” – edizione 1922, fa un’ampia descrizione del “Malvasia di Lipari” d
alla coltura della vite sino alla tecnica di vinificazione, qualificandolo come vino da dessert di “antichissima fama”.

“MALVASIA DELLE LIPARI

La denominazione “Malvasia di Lipari”, che si riscontra nei documenti testé citati, potrebbe apparire allo stato dei fatti piuttosto impropria, poiché tale vino non si è mai prodotto né si produce in atto nell’isola di Lipari, bensì nell’isola di Salina e in misura limitata in quella di Stromboli. Pertanto sarebbe opportuno denominare il vino predetto con una migliore aderenza alla realtà attuale: “Malvasia delle Lipari”, cioè Malvasia prodotta nelle isole denominate anche “Lipari”. Infatti la dizione “di Lipari” potrebbe trarre in inganno sull’origine del prodotto, il che non corrisponde alla situazione attuale o passata.
La denominazione di “Malvasia di Lipari” si poteva forse giustificare in passato, quando tutte le isole del gruppo eolico erano frazioni del comune di Lipari, per cui il nome “di Lipari” poteva indicare la provenienza del prodotto ottenuto nel comprensorio del suddetto comune. Allo stato dei fatti, invece, l’isola di Salina, epicentro quasi esclusivo della produzione del “Malvasia”, non fa parte del comune di Lipari, anzi, sull’isola esistono tre comuni autonomi: Santa Marina, Malfa e Leni; rimane sotto la giurisdizione del comune di Lipari soltanto l’isola di Stromboli, dove viene tutt’oggi prodotto il vino “Malvasia”. Per quanto sopra esposto, si ritiene quindi che sia più rispondente per la tutela della Denominazione di origine ammettere la denominazione “Malvasia delle Lipari”, consentendo l’aggiunta di sottospecificazioni geografiche che facciano riferimento alle isole, zone, contrade, etc. dove è stato ottenuto il prodotto; a condizione, ovviamente, che tali località ricadano nell’ambito del territorio di produzione delimitato dal relativo disciplinare.

PRODUZIONE

La Denominazione di origine controllata del “Malvasia delle Lipari” viene chiesta per riservarla al vino ottenuto dalla vinificazione dell’uva del vitigno tradizionale “Malvasia di Lipari” coltivato nelle isole Eolie e, precisamente, in quelle di Salina e Stromboli (comuni di Malfa e S. Marina Salina nonché in quello di Lipari localizzato nella frazione di Stromboli).

La produzione di questo vino ha avuto alterne vicende; la coltura della vite ebbe il periodo di maggiore splendore verso la seconda metà del XIX secolo, poco prima dell’invasione filosserica, con una produzione complessiva di vino di circa 16.000 hl. Dopo che la filossera ebbe distrutto i vigneti, la produzione subì lunghi periodi di crisi causata dal massiccio esodo degli agricoltori che abbandonavano l’isola in cerca di fortuna all’estero.
Si deve alla volontà di alcuni agricoltori locali, unitamente all’attività di incoraggiamento oltre che sperimentale e dimostrativa svolta dalla cantina sperimentale di Milazzo, se la coltivazione del vitigno “Malvasia di Lipari” non scomparve da quelle isole.

Tra le iniziative più importanti dell’epoca è da ricordare la costituzione di una “Società della Malvasia” nel 1931 su iniziativa del perito agrario Nino Lo Schiavo con il compito di diffondere, valorizzare e commerciare questo vino in tutti i mercati nazionali ed esteri.
In seguito ad interventi pubblici e privati, la superficie vitata dal 1930 al 1940 aumentò di nuovo e di conseguenza aumentò di nuovo la produzione del vino.

Gli eventi bellici della Seconda guerra mondiale hanno influenzato negativamente su questa coltivazione; nell’immediato dopoguerra si ebbe una ripresa nonostante il lento e continuo esodo degli agricoltori.

Gli interventi regionali effettuati tramite l’Istituto regionale della Vite e del Vino sono valsi ad incrementare la produzione viticola specializzata attraverso la distribuzione gratuita di barbatelle e l’assistenza tecnica agli agricoltori. In un triennio la viticoltura si accrebbe notevolmente.  Reputiamo che esistano oggi le premesse per lo sviluppo dell’attività vitivinicola nelle isole Eolie ed in particolare in quella di Salina, legate da secoli alla produzione di questo vino.

Nonostante detta produzione sia limitata, è da precisare che le popolazioni di alcuni comuni (soprattutto di Salina) vivono quasi esclusivamente del reddito proveniente dalla coltura della vite.
Pertanto l’Ente scrivente in collaborazione con la Cantina Sperimentale di Milazzo ritiene opportuno richiedere la tutela della Denominazione di origine di questo vino, sia per il pregio che lo ha reso famoso nella enografia internazionale, sia perché la tutela della denominazione stessa invoglierebbe i viticoltori ad espandere questa coltura, consentendo notevoli vantaggi a sostegno della povera economia della zona. Si ritiene pertanto che tale provvedimento eviterà certamente la scomparsa di questo vino tanto ricercato.

COMMERCIO

Il “Malvasia delle Lipari ” veniva classificato prima della legge vinicola 162 del 1965 come vino speciale, e una parte del prodotto acquistato nella zona tipica di produzione dagli operatori locali e di altri centri della provincia di Messina veniva alcolizzato e messo in vendita al consumo come vino liquoroso.
La maggior parte invece veniva immessa al consumo diretto senza alcuna aggiunta così come proveniva dalla zona di produzione. Ciò accadeva più spesso per le partite esportate con il marchio nazionale negli Stati Uniti, in Finlandia e in Inghilterra, che erano i maggiori Paesi importatori di tale vino. In questo caso il vino non doveva superare i 14 gradi alcolici. Anche oggi, con l’entrata in vigore della nuova legge vinicola, pur potendo impiegare il vino “Malvasia delle Lipari” come vino base per la produzione dell’omonimo vino liquoroso (in virtù del fatto che il vitigno è compreso tra quelli indicati per le produzione di detto vino), gli operatori hanno manifestato la tendenza e la preferenza a mettere in vendita il “Malvasia delle Lipari” con la classificazione di vino anziché con quello di “vino liquoroso”, e quindi senza alcolizzazione. I produttori dopo le più urgenti pratiche enologiche si limitano a vendere il vino ai vari operatori locali o della provincia, i quali provvedono all’affinamento, alla stabilizzazione e all’imbottigliamento. L’esportazione nei Paesi esteri raggiunge oggi il 30% circa della produzione con tendenza all’aumento. Oltre che negli Stati Uniti d’America, maggiore importatore, il “Malvasia delle Lipari” viene anche esportato in Inghilterra, in Australia ed in altri Paesi del Nord Europa.


PARTE SECONDA

ZONA DI PRODUZIONE – NOTIZIE GENERALI

La zona di produzione del “Malvasia delle Lipari” interessa due isole dell’arcipelago eoliano:
l’isola di Salina con i comuni di Malfa, Leni e S. Marina Salina e, per limitate quantità, Stromboli, frazione del comune di Lipari.

Dal catasto agrario 1929 la superficie vitata per i tre comuni dell’isola di Salina risulta dal seguente prospetto:

 
Comuni
interessati
Superficie
agraria ha.
Superficie
vitata complessiva
%
della superficie agraria
Malfa 848 185 21.7
Leni 633 120 18.9
S.M. Salina 786 60 7.63
 

Dati più recenti per i comuni interessati danno le seguenti superfici vitate:

 
Comuni interessati Sup. territoriale Sup. vitata compless. ha. % sup. vitata su agraria Superficie agraria
Malfa 889 55 6,47 349
Leni 856 30 4,73 633
S. Marina Salina 865 15 1,90 786
Stromboli 1260 9
 

La notevole contrazione della superficie vitata dal 1929 (ultimo catasto agrario) ad oggi è da attribuirsi non ad una riconversione della coltura viticola in altre colture, ma all’esodo della popolazione verificatosi in misura massiccia. Tuttavia la viticoltura rimane sempre, per queste isole, un’attività agraria preminente.

Il centro più vitato dei tre comuni dell’isola di Salina rimane quello di Malfa, dove peraltro la superficie vitata a Malvasia è in coltura specializzata e rappresenta il 40% circa  della superficie vitata totale.

DELIMITAZIONE

Il vino “Malvasia delle Lipari” viene preparato con le uve del vitigno omonimo nei comuni di Malfa, Leni e S.
Marina Salina e, in minori quantità, nell’isola di Stromboli (frazione del comune di Lipari).
Allo stato attuale i vigneti sono coltivati soprattutto nelle contrade di Barone, Serra dell’Acqua, Batana, Vallone Scafidi, Vallone Castagno, Pozzo d’Agnello, Lingua per il comune di S. Marina Salina; nelle contrade di Capo, Capo Gramignazzi, Porri, Pollara oltre al territorio proprio del centro comunale, per il comune di Malfa.
Il comune di Leni, che confina con quello di Malfa, è il terzo comprensorio della zona di produzione del Malvasia e comprende oltre la zona propria del centro comunale, la borgata di Val di Chiesa dove è concentrata la maggior parte della produzione viticola. Nell’isola di Stromboli le contrade interessate alla produzione di questo vino sono Scari e Ginostra. Le delimitazioni di cui sopra comprendono quindi specificatamente in atto le isole di Salina e Stromboli.

CLIMATOLOGIA

Le condizione climatiche delle isole Eolie sono generalmente quelle di un ambiente temperato caldo con escursioni termiche annue anche notevoli, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare data la rilevante influenza marittima; infatti esse sono maggiori di quelle che si verificano lungo le coste orientali della Sicilia.
Data la natura montagnosa delle isole, i valori termici e di conseguenza le escursioni variano con il variare delle posizioni altimetriche e delle esposizioni dei vari versanti.
La temperatura media è di 19,2°; quella minima che cade in gennaio è di 11,50°, quella media massima che cade in agosto è di 27,8°, secondo i dati raccolti dal De Fiore ed elaborati presso l’unica stazione meteorologica esistente un tempo a Stromboli.
Le precipitazioni hanno il tipico carattere mediterraneo ed in prevalenza cadono durante il periodo autunno-inverno con una piovosità media di 670 mm all’anno.
Durante l’estate generalmente i giorni di pioggia sono scarsissimi, anche mancanti.
Quando si verificano assumono l’aspetto di nubifragi con una certa intensità pluviometrica. I venti più frequenti sono quelli da nord-ovest ai quali seguono quelli da ovest e da sud-est.

IL TERRENO

La struttura geologica delle isole Eolie è tutta di origine vulcanica formata da vari apparati eruttivi di epoca e di conservazione diverse.
Per quanto riguarda l’isola di Salina i terreni sono costituiti da un mantello di scorie, cenere, lapilli e materiale di erosione. Vi sono poi zone costituite da materiale tufaceo sabbioso di colore giallo o marrone. La giacitura del territorio dell’isola è prevalentemente collinare.
La vite veniva coltivata per lo più in terreni terrazzati per il forte pendio, da un’altezza minima che va dal mare ai 350-400 m s. l. m.; oggi è limitata ai primi pendii.
Le caratteristiche chimico-fisiche dei terreni sono le seguenti: generalmente scure tendenti al marrone, in alcune zone ristrette si presenta invece di colore chiaro, quasi pomiceo.

Struttura: sabbiosa, tendente al medio impasto con elevata percentuale di scheletro minuto, costituito da lapillo poroso di natura pomicea che ha una notevolissima capacità di imbibizione. Permeabilità elevata.

Calcare: essendo di origine vulcanica i terreni sono privi di calcare.
Reazione: neutra nonostante l’assenza di calcare per la notevole riserva basica caratteristica dei terreni vulcanici, dovuta alla copiosità di elementi metallici (K, Fe, Al, Mg) che li protegge a lungo dai processi di acidificazione. I terreni presentano una notevole fertilità.

DISTRIBUZIONE DELLA PROPRIETÀ

La proprietà terriera dell’isola risulta estremamente frazionata con un numero notevole di piccoli proprietari le cui aziende spesso non raggiungono l’ettaro.
Le classi di ampiezza delle aziende agricole comprese fra 0,50 ha, e 3 ha rappresentano il 90% del numero delle aziende locali.
Questa suddivisione particellare della proprietà, portata agli estremi limiti della polverizzazione, crea degli ostacoli all’evoluzione alla viticoltura nell’isola.

La conduzione dell’azienda è per lo più diretta e solo in pochi casi si ha la colonia parziaria.

N. aziende Superficie ha N. aziende Superficie ha
Malfa 177,49 68 415,39
Leni 135,48 34 249,69
S. M. Salina 222,36 79 318,22
       

PARTE TERZA

PRODUZIONE MEDIA ANNUALE

La produzione media annuale complessiva dell’uva “Malvasia delle Lipari” si aggira sui 1.700 q da cui si
ricavano 500 hl di vino.
Essa è ripartita secondo il seguente prospetto:

 Comuni Piante per ha Uva q per ha Prodotto totale q Resa in vino per q uva Produzione totale hl
Malfa 5.000 75 1.500 35%  (1) 495
Leni 5.000 75 300 35% 90
S. Marina Salina 5.000 50 250 35% 80
Stromboli 5.000 50 50 35% 15
Totale     2.100   630

Le basse rese colturali di S. Marina Salina e Stromboli sono dovute a carenze colturali.
Il vino prodotto in limitate quantità è molto richiesto; le vendite all’estero e all’interno potrebbero raggiungere entità ragguardevoli se la produzione lo consentisse.

(1) La resa di cui sopra, del 35%, si ricava in questo modo: 100 kg di uva fresca per evaporazione parziale dell’acqua di vegetazione si riducono a 70 kg circa dalla quale con una resa in vino del 50% si ottengono 35 kg circa di questo prodotto.



PARTE QUARTA

Vitigno o ampelografia di vitigno descritti a parte da ” Principali vitigni da vino coltivati in Italia”.

COLTURE

Impianto
I lavori preparatori dell’impianto di un nuovo vigneto consistono nel livellamento dei terreni e nello scasso totale a profondità di circa 1 metro; laddove il terreno è in forte pendio vengono eseguiti i terrazzamenti.
Tale pratica è molto diffusa nel comprensorio di Malfa, meno nelle altre zone dell’isola. La lavorazione del terreno e lo scasso vengono di norma eseguiti nel tardo autunno mentre l’impianto viene eseguito in gennaio con barbatelle selvatiche da innestare a dimora. Questo viene effettuato a quadri di 5 x 5 metri in cui vengono messe a dimora le barbatelle con un sesto di 1,40 x 1,40 metri. Si usa anche l’allevamento a spalliera ma in minor misura rispetto al pergolato basso. In tal caso il sesto è di 1,40 x 1,25 metri. Non mancavano in passato i viticoltori locali che usavano sosti di 1 x 1 metro, per cui la densità media per ettaro era di 10.000 viti. Con i sesti che oggi si riscontrano e che abbiamo descritto,  la densità per ettaro varia da 5.000 a 5.700 piante a seconda che si tratti di pergolato o spalliera. 

La resa di uva per ettaro come risulta dal catasto agrario 1929 ora calcolata da 45 a 50 q per ettaro.
Oggi è dato riscontrare rese da  70 a 100 q di uva per ettaro, ad eccezione di trascurabili entità di superfici vitate dove la resa è molto più bassa per carenza di cure colturali.

Innesti
Gi innesti più diffusi sono quelli semi-legnosi effettuati tutti a dimora. Particolarmente praticato è il tipo di innesto a gemma che viene eseguito in luglio-agosto. In minor misura si pratica l’innesto nei mesi di gennaio e febbraio e a volte intorno al mese di giugno.

Forma di allevamento e potatura
La forma di allevamento più nota e tradizionale della vite è quella a pergolato basso, circa 60 cm, per i forti venti salmastri che spirano durante il periodo primaverile-estivo. L’intelaiatura del pergolato è costruita con canne alle quali vengono legati i capi a frutto. L’impalcatura di sostegno del pergolato è invece costituita da paletti di castagno o altro legno locale, sistemati tra una vite e l’altra. Una pergola di terreno, misura locale 60 mq, contiene due pergolati da 5 x 5 metri tra i quali vengono lasciati dei corridoi per i lavori colturali. Le braccia della vite vengono fatte allungare gradualmente e si lasciano serpeggiare sopra l’impalcatura del pergolato.
La potatura è piuttosto lunga, si lasciano capi a frutto da 5 a 6 gemme, e si avvicina al Guyot multiplo localmente modificato dagli agricoltori. Sono state introdotte recentemente altre forme di allevamento quali la spalliera e pergolato con sesti differenti.

Trattamenti anticrittogamici e concimazioni
La crittogama più terribile dell’isola è l’oidio, mentre poco rilevanti sono gli attacchi di peronospora essendo quasi tutte le zone abbastanza ventilate e poco soggette alla formazione di idrometeore di condensazione. Per tali motivi i trattamenti antiperonosporici sono molto limitati (1-2); i trattamenti antioidici invece non sono di norma mai inferiori a quattro. Questi ultimi vengono eseguiti con zolfi semplici, a volte si impiegano anche zolfi ramati.

Il calendario dei trattamenti è il seguente:
A) allo schiudersi delle gemme
B) alla fioritura
C) alla invaiatura
D) ai primi di settembre

Le concimazioni una volta erano praticate con laute somministrazioni di letame; oggi questo tipo di concimazione, poco pratica per scarsa disponibilità di letame, è stata sostituita, anche se in maniera non molto diffusa, dai concimi chimici prevalentemente binari (N.P.).

Quadro dei lavori e delle giornata lavorative
I lavori colturali che vengono eseguiti sono i seguenti:
– una prima zappatura tra novembre e dicembre che consiste nello scalzare le viti
– in febbraio si esegue la potatura e si riparano i filari mentre si spiana il terreno
– prima della fioritura viene eseguita l’operazione della legatura del capo a frutto alla canna più vicina della pergola o del filare
– tra la fine di aprile e i primi di maggio si effettua una sarchiatura; contemporaneamente si pratica la spollonatura. Dalla fine di giugno ad agosto si praticano da una a due lievi defogliazioni
– tale operazione viene eseguita non meno di due volte ed in anticipo rispetto ad altre zone dell’isola nel territorio di Malfa.
Oltre a tali lavori, sono da considerarsi i trattamenti anticrittogamici di cui si è detto prima.
Il quadro delle giornate lavorative per la conduzione di un ettaro di vigneto risulta pertanto il seguente:

    uomini donne
a. novembre – dicembre: sarchiatura e calzatura 30
b. febbraio: rincalzatura e potatura 40
c. marzo: legatura, impalcatura e riparazione pergole 20 10
d. aprile – maggio: sarchiatura e spollonatura 30 10
e.  giugno – agosto: defogliazioni 30
f. settembre – ottobre: vendemmia e trasporto 30 30
g.  trattamenti anticrittogamici (n. 4-5) 30
    ——- ——-
    150 110

Vigneti principali coltivati
Le varietà di uve da vino che danno origine alla produzione del “Malvasia delle Lipari” sono rappresentate quasi totalmente dal vitigno Malvasia, mentre intervengono anche altre varietà quali Corinto nero, Catarratto,  Ducignola in percentuale non superiore al 15%.

Gradazione zuccherina del mosto d’uva “Malvasia delle Lipari” e altri dati analitici
Il contenuto glucidico che il mosto d’uva Malvasia delle Lipari raggiunge a maturazione si aggira fra il 22% ed il 27% (grammi di zucchero per 100 ml di mosto).

L’uva matura, dopo la raccolta, viene sottoposta ad un parziale appassimento esponendola al sole per un periodo di tempo che mediamente va dagli otto ai dieci giorni, su graticci caratteristici intrecciati con traversi in faggio.
In alcuni casi si aggira anche sui quindici giorni, a seconda dell’andamento climatico. In tal modo la concentrazione zuccherina si eleva e l’uva, leggermente appassita, avrà un contenuto glucidico che si aggira mediamente da un minimo del 32% ad un massimo del 38%.
L’acidità totale di tali mosti ha un valore medio comprensivo tra i 4 g e gli 8 g/l in acido tartarico. Il PH è compreso tra il 3,30 ed il 3,80.


PARTE QUINTA

Limiti percentuali delle correzioni necessarie eventualmente con mosti, uve o vini non originali della zona di produzione
Per la preparazione del “Malvasia delle Lipari” si pratica in vinificazione l’aggiunta di uva “Corinto nero”, “Catarratto” e di un’altra uva denominata localmente “Ducignola” sino ad un massimo del 25%, che si coltivano promiscuamente all’uva Malvasia e che subiscono, assieme a queste, il parziale appassimento.
Oltre a questo processo, nessun’altra correzione delle uve e mosti della stessa zona o da zone differenti viene praticata, allo scopo di garantire le peculiari caratteristiche conferite solo dalle opportune tecniche previnificatorie e dalle varietà particolari di uve impiegate.

La vinificazione e le caratteristiche chimico-fisiche e organolettiche del “Malvasia delle Lipari”

Per citare un documento storico sulla tecnica di vinificazione del “Malvasia delle Lipari”, ecco la descrizione del prof. Pagnotta, riportata dal Marescalchi nell’edizione del 1924 “I vini tipici d’Italia”: “L’uva Malvasia a maturazione completa si presenta con gli acini di colore oro vecchio, ricchi di mosto con il 24-26% di zuccheri ed il 4-5‰ di sostanze acide.”
Con tale uva, alcuni proprietari seguono il metodo di vinificazione in bianco, preparano un vino asciutto con il 14-15% di alcool, molto buono di sapore e che con il tempo acquista una perfetta limpidezza e un aroma che ricorda il Marsala.
Altri invece preparano un vino liquoroso adottando il seguente metodo:
“L’uva si cura, vale a dire si coglie dalle piante e si colloca su graticci fatti di vimini o di listarelli di castagno, in modo che essa possa essere facilmente portata di giorno al sole e di notte sotto apposite tettoie. Si opera in tal modo per una quindicina di giorni, rivoltando nel frattempo un paio di volte l’uva sulle storie per farla appassire egualmente in tutte le parti; poi la si tiene per due giorni sempre al coperto per farla raffreddare. Si pigiano le uve così preparate in palmenti in muratura, e dopo avere passato la vinaccia al torchio si mettono assieme il crodello ed il torchiato a fermentare in botti di forma allungata (pipe da 4 hl) […] Il mosto vino Malvasia viene travasato a marzo[…]”

A quanto sopra descritto rimane poco da aggiungere, tranne il fatto che molti degli antichi torchi di legno rudimentali a trave sono oggi sostituiti da moderni piccoli torchi a vite e da qualche pigiadiraspatrice. La fermentazione del mosto ad alta concentrazione glucidica avviene in bianco, la modesta percentuale delle altre varietà aggiunte contribuisce a dare al vino un colore giallo dorato ambrato caratteristico. Essa si arresta spontaneamente, lasciando indecomposto un determinato contenuto zuccherino, variabile a seconda della concentrazione glucidica iniziale. Si otterrà in tal modo un vino naturalmente dolce, mediamente alcolico e biologicamente stabile che presente le seguenti caratteristiche organolettiche:

– colore: giallo dorato carico
– odore: aromatico con caratteristico profumo di miele
– sapore: dolce aromatico mieloso
La composizione chimica oscilla entro i seguenti limiti:
– alcool: 13-15 %
– acidità totale: in acido tartarico 4,2/8,5 g/l
– acidità volatile: in acido acetico 0,8-1,2 g/l
– ceneri: 3,5-4,5 g/l
– alcalinità delle ceneri: in alcale normale per litro 32-40
– estratto secco: detratti gli zuccheri 0,8-1,3 g/l 
– glicerina: 8-15,5 g/l 
– rapporto p/a inferiore a 4
– solfati: in solfato neutro di potassio 0,8-1,3 g/l
– cloruri inferiori a 0,5 g/l
– PH 3,2-3,8

Affinamento
Il “Malvasia delle Lipari” non richiede lunghi periodi di invecchiamento in fusti di legno e va tenuto al riparo dai processi ossidativi che ne diminuirebbero l’intensità aromatica. Pertanto, durante l’annata di produzione, subisce le normali pratiche enologiche di stabilizzazione, evitando quelle che provocano un prolungato contatto con l’aria. Viene quindi imbottigliato ed immesso al consumo nelle classiche bottiglie renane e, a scopo di propaganda, in piccoli fustini nei quali si conserva per parecchi anni con il suo naturale profumo. I produttori vendono il loro prodotto durante i primi mesi dell’annata di produzione, per cui le operazioni di affinamento e di stabilizzazione vengono completate dagli operatori che ne curano l’imbottigliamento.


BIBLIOGRAFIA CITATA

  • Marescalchi (1924) – Vini tipici d’Italia
  • Ottavio Ottavi e G. Canina (1899 e 1930) – Vini di lusso
  • Castaldi e Marescalchi (1926) – I vini medicinali
  • S. Montini – Produzioni e commercio dei vini in Italia
  • Progresso Agricolo e Viticolo (1897) – Les vins de luxe
  • A. D’Urso Pennisi (1922) – Vini speciali
  • M.A.F. – Principali vitigni da vino coltivati in Italia
  • Libertini G. – Le isole Eolie nelle antichità greca e romana (ricerche storiche e archeologiche)
  • Lo Schiavo – Le isole Eolie e il Malvasia di Lipari – Problemi agricoli delle isole minori (1953)
  • Carmelo Campisi (1935) – La Malvasia e F. Battiato
  • I.C.E. Roma (1953) – Vini e liquori d’Italia
  • Giacchetti – Milone (1968 artigrafiche “Il Torchio”) Vini e vigne d’Italia
  • P.G. Garoglio – Trattato di enologia
  • Nicosia – I vini della provincia di Messina (vini d’Italia maggio-giugno 1960)
  • Paulsen F. – I vini tipici della provincia di Messina – Enotria sett. 1930
  • MAF classificazione dei vini comuni pregiati e speciali agli effetti della determinazione dei prezzi D.M. 23/09/1942 G.F. 28/09/42 N. 228
  • Barbara G. – Storia e folklore dei vini tipici della provincia di Messina (Italia vinicola e agraria numeri 6/7 – 1962)

Giona Salina